venerdì 1 agosto 2008

Condivido ergo sum /2: social/knowledge networker

Riprendo da qui. Luca De Biase dice che nel 'siamo quello che condividiamo' di Leadbeter, e' compreso esprimere e connettere, e richiama li' l'attenzione che secondo lui, Leadbeter ha dimenticato di porre.

Non credo che i passaggi mancanti (esprimere e connettere) siano un difetto, come dice De Biase. E rielaborare dove finirebbe allora ? Quei passaggi mancano proprio per l'esercizio di sintesi e focalizzazione sui fondamentali, fatto da Leadbeter, e a soffermarcisi, ci si distoglierebbe dal vero messaggio che Leadbeter ci vuole dare.

Ben oltre il semplice 'esprimersi' e 'connettersi' l'uomo si caratterizza per quel processo di rielaborazione di cio' che riceve, che quindi rappresenta una sua produzione, e che ritorna a coloro con cui e' in relazione. Un uomo che pompa continuamente dentro e fuori, e filtra: tutto questo lo si puo' chiamare in una sola parola, condivisione. Come sanno bene tutti gli entusiasti partecipanti ai social network del web2.0, questo processo prima che cognitivo e' sociale.

L'uomo-filtro di messaggi/informazioni/conoscenza e' capace quindi di (1) entrare in contatto, selezionando i contatti stessi, (2) ascoltare o vedere, e ricevere, (3) mettere in relazione quanto ricevuto con se' stesso, la propria individualita' sociale ed eventualmente la propria conoscenza sedimentata, e (4) riproporre sia in forma di semplice 'copia' (che pero' ha gia' il significato in piu' dell'essere passata attraverso il filtro-persona), sia in forma di 'rielaborato' e (5) riattivare l'intero processo appena descritto in cui questa volta e' egli stesso l'originatore.

Dire che questo processo sociale e cognitivo e' essenziale per l'uomo, non e' una novita': "L'uomo e' un animale sociale", "Spendere una vita alla ricerca della verita'", "Conosci te stesso", "Apparire conta piu' che essere"... sono tutte formule gia' viste, e ciascuna col linguaggio del suo tempo, testimonia in quanti hanno creduto e credono a questo.

Ne' va sottovalutata la complessita' e il valore della rielaborazione che viene compiuta da ogni singola persona: "I libri sono fatti di libri", "L'esecutore supera l'autore", "Le colpe dei padri ricadono sui figli", ... [Edit 2/8 11:45] Anche Pavese ne "Il mestiere di vivere", un titolo un programma. Significative addirittura certe esagerazioni che girano in rete.

Socializzare e rielaborare (anche semplicemente selezionando e rilanciando lo stesso messaggio ma cambiando il mittente e talvolta il mezzo) sono concetti ritenuti fondamentali da tutti, e oggi potentemente supportati dal web2.0, in una nuova prospettiva chiamata pomposamente (e anche un po' maldestramente) 'economia della conoscenza'.

Dunque, cosa puo' una mente illuminata come quella di Leadbeter mettere in evidenza che ancora ci manca ? La portata del concetto di condivisione, appunto. Non la 'condivisione della conoscenza', intesa come lavoro, di cui si e' detto e scritto a fiumi, a partire da Druker. Non il social networking come semplice attivita' divertente e forse utile, ma solo collaterale al nostro essere. Il social/knowledge networker che si realizza pompando e filtrando messaggi e informazioni all'interno di un ecosistema sociale e cognitivo.

"Siamo quello che condividiamo", dice Leadbeter. Forse, addirittura, "condividiamo, quindi siamo". 'Condividere' e' una categoria in cui le attivita' umane sociali e cognitive si mescolano senza dover confliggere per una supremazia (sociale sotto, cognitivo sopra). Nella condivisione ci realizziamo: se non socializziamo, il nostro isolamento toglie alla nostra natura; se non trasmettiamo agli altri la conoscenza che abbiamo elaborato, a nulla e' valso elaborarla; se mettiamo a fattor comune anche solo semplici messaggi e immagini, abbiamo 'aggiunto valore' alla semplice combinazione di corpi e cervelli.

Condividere ci permerre di realizzarci, dunque. La domanda ora e' se permette una realizzazione completa ?

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