sabato 5 febbraio 2011

Cittadinanza digitale, e-Public Services: dibattito ispirato dai libri di Belisario, Cogo e Scano

Ecco la traccia che mi sono preparato per l'incontro di oggi, alla libreria Mondadori, Edicolè, Via S. Francesco 19 – Padova, alle 18:00, in cui verranno presentati i libri "La cittadinanza digitale", di Gigi Cogo, e "I siti web delle Pubbliche Amministrazioni" di Belisario Cogo e Scano, alla presenza degli autori, e amici, Gigi Cogo e Roberto Scano.

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Siamo alle porte di alcuni cambiamenti radicali nelle abitudini di vita della popolazione, anche italiana, rese possibili dalle tecnologie legate ad internet. Questi cambiamenti riguarderanno inevitabilmente anche la realazione tra cittadini e pubblica amministrazione.

Questi cambiamenti sono e saranno finalmente "possibili" per alcuni, e "necessari" per altri. Sono e saranno favoriti da chi e' gia' mentalmente predisposto, ed ostacolati dagli altri.
Sono e saranno cavalcati rapidamente e perfino sfruttati a proprio favore da alcuni, e affrontati con enorme resistenza e subiti da altri.

Non e' e non sara' nemmeno possibile delegare qualcuno che lo faccia per noi. In azienda come nella vita quotidiana, non puo' bastare il collaboratore volenteroso, o il figlio giovane e intraprendente. E' qualcosa che riguarda ognuno di noi, direttamente.

Data la portata di questi cambiamenti, nessuno potra' singolarmente deciderne il corso: si puo' e si potra' solo comprenderli ed assecondarli, o ritardare il proprio coinvolgimento (inutilmente) e utilizzarli male. Sia a livello di singolo individuo, che di paese intero.

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Nemmeno e' possibile immaginare un percorso formativo, anche se il nostro fosse un paese in cui la formazione non sia stata ridotta ad una farsa, perche' stiamo parlando di capacita' profondamente connesse alla natura dell'uomo, che da un lato tutti gia' le possiedono, e dall'altro e' la consapevolezza l'unico fattore che manca "a chi non sa".

Stiamo parlando di qualcosa che assomiglia molto a come andare in bicicletta. E' facile, facilissimo, banale per chi ha gia' imparato. Tutti possono farlo, e tutti effettivamente ci riescono. Pero' non esistono mauali per andare in bicicletta. L'unica e' provare, cadere forse le prime volte, e poi scoprire facendo, come si fa. Osservare una persona che ci mostra come si fa e' insufficiente: puo' solo accendere la voglia di provare.

Non servono quindi tanti corsi ne' tanti manuali di istruzioni (ma un po' di strumenti di facilitazione si), se c'e' l'interesse, la motivazione. Tutti oggi si iscrivono a facebook, perche' ci sono i loro amici, perche' tutti dicono che si divertono, perche' ne parlano anche i giornali. Nessuno ha insegnato loro come si fa, eppure si iscrivono e partecipano. E se si tratta di perdere qualche ora all'inizio a capire come fare in certe situazioni, ebbene scelgono di perderla senza remore.

Occorre quindi che scatti una spontanea determinazione. Di questo c'e' bisogno, piu' che di formazione: della creazione di un contesto favorevole e, si potrebbe dire, intrigante.

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Eppure la tecnologia pone sempre delle questioni per gli utenti. Ci si puo' collegare, quanta banda serve? Serve un computer o basta uno smartphone? Quale contratto con l'operatore di telefonia, a quale costo? Quale software? E la privacy? E la netiquette? E come faccio a vedere chi fa cosa? E chi e' ipovedente?

La Pubblica Amministrazione, che per definizione deve erogare un servizio pubblico, deve evidentemente porsi queste domande. Opensource o l'offerta chiavi in mano di qualche grosso vendor? di quale infrastruttura e' dotato un territorio e, soprattutto, chi la controlla? quale terminale possiamo immaginare che abbia l'ultimo dei pensionati e dei giovani in eta' scolare? Quali regole di accessibilita' dei contenuti?

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Farsi prendere dalle questioni tecnologiche, cruciali perche' inerenti l' "abilitazione" di tali servizi, non deve pero' distogliere dalle questioni effettivamente piu' fondamentali.
Quali servizi innovare? Come ottenere un effettivo taglio di costi a parita' di qualita' di servizio erogata, se non maggiore? Come favorire e in un certo senso sfruttare l'accresciuta partecipazione dei cittadini? Come innescare un virtuoso circolo di dialogo e conoscenza reciproca tra Pubblica Amministrazione e cittadinanza, che possa di fatto migliorare l'indirizzo della prima e quindi la soddisfazione dei secondi, che in gergo viene chiamata "edemocracy"?

I servizi che raggiungono piu' spesso la ribalta gia' oggi, sono sostanzialmente quelli che consentono
- il presidio del territorio da parte dei cittadini stessi, in materia di ordine pubblico e controllo dell'efficienza dei pubblici servizi decentrati
- la trasparenza sulle attivita' svolte dagli organi politici, e dai politici in particolare, in modo da assicurare la rappresentanza degli stessi dopo le elezioni
- la diffusione di informazioni utili tra cittadini, e con i referenti del servizio pubblico, in modo da aumentare la conoscenza del contesto reale, e assicurare che il pubblico servizio sia sempre piu' adatto a fornire risposte efficaci

La maggior parte di queste iniziative sono registrate all'estero, ma anche in italia qualcosa si sta muovendo. Esiste una differenza culturale tra questi paesi, oltre al gap tecnologico che comunque va considerato? Soprattutto c'e' abbastanza divulgazione di queste iniziative cosi' che gli italiani sappiano cosa effettivamente si puo' fare fin da oggi?

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Infine, con questi presupposti, si apre alla Pubblica Amministrazione la possibilita' di erogare un ulteriore tipologia di servizi: liberare i dati in proprio possesso. Si tratta di quantita' impressionante di dati, che riguardano un po' tutto, le persone, l'ambiente, l'economia...

La conoscenza di questi dati e' cruciale perche' la cittadinanza possa effettivamente conoscere se' stessa e il contesto in cui vive e lavora. Si innesca cosi' un processo virtuoso che potrebbe generare nuovi servizi, e migliorare quelli esistenti, e rendere le stesse decisioni, prese a vari livelli, piu' appropriate ed efficaci.

D'altra parte la circolazione di questa ulteriore massa di informazioni pone e porra' problemi analoghi a quanto abbiamo gia' visto nella prima fase di espansione di internet. A poco sara' servito se i dati liberati non saranno reperibili, consultabili e facilmente elaborabili. Occorre quindi assicurarsi che lo sforzo sia "utile" e che il risultato non sia fonte di piu' problemi di quanti non ne risolva.

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Un'ultima considerazione, su questo tema, rilancia una visione di maggiore prospettiva. Possiamo aumentare la conoscenza fattuale, sia in termini di servizi che di dati grezzi, ma siamo consapevoli che e' la capacita' di elaborazione di conoscenza la vera sfida che ci viene posta oggi? Se l'economia della conoscenza e' quella in cui viviamo, e vivremo sempre di piu', non e' forse arrivato anche il momento di ragionare veramente in termini di nuove professionalita', nuovi settori economici, e di nuovi parametri della qualita' della vita?

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